Forse è la fine del '68

Articolo

di

Venerio Cattani

 

 

Il voto del Senato, a favore della legge Gelmini, significa molto più che un voto del buonsenso contro la demagogia e i privilegi della corporazione universitaria: forse (ci auguriamo) segna l’inizio della fine della filosofia e dell’egemonia culturale del 68. Come ha dimostrato l’asprezza del dibattito al Senato, come dimostrano le intemperanze e gli incidenti di piazza durante e dopo il voto, la fine del 68 minaccia di essere convulsa, aspra e speriamo non calamitosa. Dobbiamo sperarlo davvero, perché in questi frangenti c’è sempre qualcuno che cerca il torbido, come il Presidente Cossiga ricordava nel suo intervento al Senato. Incoraggia che la maggioranza non si sia fatta intimidire dalla minaccia della piazza e dall’inaudita richiesta di ritirare il decreto. Figuriamoci cosa sarebbe avvenuto con un governo Prodi, e anche con un governo del tempo Rumor-De Martino: sarebbe finita prima di cominciare. Speriamo ora che la maggioranza regga nei prossimi giorni su due fronti. Il primo è quello del referendum, minacciato da Di Pietro e pare ora fatto proprio dal movimento studentesco e dal PD. Che si tenga il referendum, magari: ci si accorgerebbe che la maggioranza è al 70 per cento a favore della legge Gelmini. Non perché la legge sia gran cosa: ma perché sarebbe la rivincita del ‘68. Gli studenti e i residui elettori della Sinistra, ingannati dai loro gruppi dirigenti, dicono essere persuasi non a colpi di manganello, ma a colpi di voti, anche in serie. Il secondo caposaldo della maggioranza, è che essa tenga fede a ciò che ha detto ieri la coraggiosa ministra dell’Istruzione: che quanto prima sarà presentata la legge di riforma dell’Università. E’ assolutamente necessario, anzi è urgente: se deve esserci battaglia, deve essere non solo sui grembiulini e sul voto in condotta (anche se essi pure sono necessari), ma sul grosso della questione, cioè sulla Università. Quello è il vero bubbone della baronia, della reazione e dell’arretratezza culturale. Lì’ bisogna incidere, tagliare le sedi universitarie di villaggio, promuovere i giovani e i volenterosi. Il primo confronto avverrà con lo sciopero generale della scuola, cioè dei sindacati della scuola. Naturalmente, il sindacato, con i mezzi finanziari che ha, riuscirà a portare in piazza molta gente: molta della quale ha poco a che fare con la scuola, centri sociali, pensionati, impiegati amministrativi. Liberi i sindacati di manifestare, doveroso per il governo mantenere l’impegno preso. Come bene ha detto la Gelmini, nella scuola devono tornare la serietà, l’educazione e il merito. E’ una prova che richiede tanta misura, ma anche tanta fermezza. Non cadere nelle provocazioni; tenersi lontani dagli estremisti, di sinistra come di destra; lasciar fare alle forze dell’ordine. Ma soprattutto, avere fiducia nella gente che ha votato il 13 aprile, nel consenso popolare, nella maggioranza parlamentare. Nella democrazia, in una parola, con la fiducia che alla fine la democrazia vincerà.