L'IMMACOLATA CONCEZIONE

 

Racconto

di

Venerio Cattani

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gesù di Nazareth distolse gli occhi, disturbati dalla vivida luce del meriggio palestinese, dalla bella visione del Lago (chiamato anche Mare per la sua imponente estensione) di Galilea e li rivolse alla madre, Maria.

Erano seduti sotto il portico della modesta casa sulla collina di Nazareth. Gesù teneva sulle ginocchia, aperto, il Pentateuco: era particolarmente interessato a quella parte che riguarda l’obbligo della attesa della venuta del Messia, per quanto tempo essa ritardi.

Maria rammendava, Anna, la nonna che era venuta a trovarli (del resto abitava nella casa accanto) ticchettava con l’uncinetto.

“Povero papà”, sussurrò Gesù.” Oggi fanno cinque anni dacchè è morto, ma sembra un’eternità; mi manca, era saggio e buono, Giuseppe... Mamma”, continuò alzando lievemente il timbro della voce,“perdonami la domanda, ma come fece a procrearmi? Era molto vecchio e tu eri poco più che una ragazzina”.

“E’ora che te lo dica”, sospirò Maria, sospendendo il rammendo della ghellabia di Gesù.”Vero, mamma, è ora che glielo dicamo?”

agiunse rivolta ad Anna, che annuì con un cenno del capo.

“Tu sei figlio,ma putativo, non carnale del povero Giuseppe.”

“Putativo? Carnale? Che vuol dire?,” domandò Gesù. Avvertiva,anche dal tono della madre, anche dallo sguardo della nonna ,che stava per giungergli una cattiva notizia, o almeno una novità strana, inusuale.

“Putativo vuol dire che era ritenuto tale,ma che in verità non era propriamente tuo padre,”mormorò Maria .

“Ma papà Giuseppe non era tuo marito ?Non vi eravate sposati davanti al Gran Sacerdote, nel Tempio, come tante volte mi hai raccontato?” domandò Gesù.

“Ma certo, naturalmente,” rispose Maria.

“Ma certo, che credi? “confermò la nonna. “Anzi,fu una splendida cerimonia . C’erano tutti i parenti della tribù di Davide, venuti anche da lontano. Ricordi che magnifica cena di pesce del lago gli facemmo trovare ?”

“E allora ?”, insistette il ragazzo.

“Sai,” Maria quasi balbettava, arrossendo,”tuo padre era davvero troppo vecchio,non ce la faceva più.Provavamo, riprovavamo, con tutte le medicine, le erbe, le posizioni, io ci misi tutta la mia buona volontà, ma non succedeva niente”.

“E allora, tu che hai fatto? Dì pure, mamma, io sono pronto a capirti,io,chissà poi perché, capisco tutto…”

“Ma che”, lo rimbrottò la nonna. “Come osi  insinuare un dubbio del genere sulla tua mamma? Che è una vera santa, povera creatura, ha patito tanto. Io non mi perdonerò mai di averla data a un vecchio, sia pure bravo e buono come era Giuseppe.Ma era tuo nonno Gioachino che insisteva: è un buon partito, diceva,ha un bel negozio di mobili, è un bravo artigiano , ha un po’ di sesterzi e poi è mio cugino. Mi ha assicurato che ancora ce la fa, almeno un nipotino ce lo daranno, e poi Maria è così seria e saggia...”

Nonna Anna era ancora una bella donna; ormai una bella vecchia.

Si era sposata tre volte. Gioachino era morto giovane, poco prima era nata Maria, ma l’Anna non si ricordava come: mah, anche Gioachino non andava forte, come suo cugino Giuseppe, chissà, era una razza d’uomini debole di reni. Ma Anna si era rifatta sposando il rabbino Cheofa. Quello sì:le aveva fatto fare un’altra Maria e poi una sfilza di maschietti. Poi anche Cheofa era morto e allora l’Anna aveva sposato il ricco vedovo Soloma che le aveva fatto concepire una terza Maria e due bei fratellini:Giovanni e Giacomo. Gesà non aveva fratelli, ma non si lamentava, perché aveva una schiera di cuginetti coi quali giocare sulla piazza di Nazareth e per andare a pescare con la lenza, sulla riva del lago.

Anna pensò per un attimo se non fosse il caso di sposarsi una quarta volta:non mi dispiacerebbe,si disse,ma ora sono proprio vecchia, non mi prenderebbe più nessuno.

“Non è come pensi tu”, disse quietamente Maria a Gesù. “Non ho più avuto altri amori”.

“Proprio così, povera figlia mia,” la compianse Anna.

“E allora,che cosa è successo? “, chiese rabbuiato Gesù.”Si può sapere di chi sono figlio, io ?”

“Un giorno,”riprese Maria,” si presentò qui un bel giovane. Bussò delicatamente a quella porta e io andai ad aprire. Era biondo, ricciuto,aveva due alucce dietro le spalle. Portava un giglio nella mano sinistra e una sottile ampolla di vetro nella mano destra.

Siete voi la vergine Maria? Sì, risposi.Io sono Maria, ma voi come sapete che sono vergine?Non lo dico a nessuno tranne a mia madre, perché mi vergogno.

Io so tutto, disse lui. Permettete; sono l’Arcangelo Gabriel, mi manda il mio Padrone e Re. Mi ha detto di consegnarvi questa provetta. E che devo farmene?

Ve la dovete iniettare. Questa sera, quando sarete a letto col vostro Giuseppe e lui avrà vanamente tentato per l’ennesima volta e voi sarete (permettete, io me ne intendo) calda e tesa, zac, introducete l’ampolletta e rovesciatela, con attenzione, che non se ne perda una goccia. Meglio, se vi porrete un bel cuscino sotto il dorso.

E che succederà poi, chiesi io, impaurita.A me sembra,scusate, una inseminazione eterologa, che Geova me ne guardi.

Voi siste piena di grazia, è proprio vero, aveva ragione il mio Padrone e Re. Voi siete benedetta fra le donne e benedetto il frutto del ventre vostro, che chiamerete Gesù.”

“Perbacco”, disse stupefatto Gesù”. Così, sono figlio di Re!E come mai non mi chiamano Principe?”E aggiunse dubitoso: “Ma siete certa che il giovane Gabriel non vi abbia fatto altro? Che so: ipnotizzato, inebriato con quella provetta...”

“Gesù”, ammonì Anna. “Taci. Dai retta a quella santa donna di tua madre, che ha sempre detto la verità. E del resto anche lei è stata concepita senza peccato. A dire il vero, non ho mai capito come: tutti gli altri miei figlisono stati concepiti peccando,grazie a Geova, specie con quel diavolo di Cheofa … Ma lei no…”

“Nonna, ma non è possibile, che favole mi state  raccontando stasera!”, protestò incredulo Gesà.

“Tu non mi crederai,ma quella notte Gioachino, come al solito,dormiva, anzi ronfava. Io mi agitavo un po, capirai, ero una ragazza,la notte era calda.Ad un tratto sentii una vocina: Smettila, Anna, diceva. Ora vengo io. E chi sei tu?, sussurrai. Ero spaventata, ma anche speranzosa. Vuoi vedere, mi dissi, che forse è quel bellone che ho visto oggi al bazar, mi occhieggiava.

Sono l’Embrione, rispose lui. Che è un Embrione, domandai stupita; non ne avevo mai sentito parlare. Tu non lo sai, ma poi capirai: tu non mi vedi, ma lasciami fare. Mi spiace solo che sarà una cosa un po’ svelta. Sai, sono piccolo e liquido, e poi mi hanno scongelato da poco. Però posso dirti che ti sarà di grande soddisfazione, in seguito. Avrai una bella figliola, che chiamerai Maria e che farà una carriera prodigiosa.

E che, chiesi io, sposerà un Re? L’hai detto. Sarà Regina, la più grande mai vista sulla terra; e a sua volta sarà madre di Re. Insomma, tu stai per diventare la più gloriosa delle nonne che mai ci sia stata; non soltanto in Galilea, ma neanche a Gerusalemme, nemmeno a Roma.”

“Che storia, ragazzi!”, s’entusiasmò Gesù. “Quando la racconterò al mio amico Simone, detto Pietro, ai miei due cuginetti e agli altri nove pichelli della spiagga(siamo in tredici), nessuno mi crederà”.

“Oh”, sorrise ineffabile Maria”. Gli uomini ,specie i giovani, possono credere a tutto. Bisogna solo saper raccontare:e  tu sei così bravo,tesoro mio. Racconti storie e parabole bellissime, scrivi racconti e poesie…

Anzi:facciamo una prova. Domani andiamo al Tempio e tu ti metterai a dissertare con i dottori e gli scriba. Stanno tutto il giorno sotto il portico, a chiacchierare di denaro e di politica, qualche volta di donne. Tu saresti una novità,a loro fa piacer scoprire talenti nuovi,che domani diventino Rabbi, loro allievi.”

“Sì”, annuì nonna Anna. “Ma non parlare della storia dell’ embrione, è un po’ audace, ti accuserebbero di pornografia. E nemmeno dovrai alludere ai Re, come sai è pericoloso. Che se poi scoprissero che la storia è vera, ci farebbero subito una legge, ci litigherebbero per anni, ordinerebbero un referendum e alla fine scoppierebbe una guerra civile. Con tutti questi zeloti, sicari, scribi e farisei che abbiamo in Senato e nel Sinedrio, tu ci finiresti certamente in mezzo, ingenuo come sei”.

 

 

(pubbl. Avanti! 14 dicembre 2003)