IL SANTO PATRONORacconto
di VENERIO CATTANI
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Avendo
io vissuto in diverse città, ho avuto la fortuna di usufruire di più
santi patroni. Il
primo, e comunque indispensabile e definitivo, è stato San Venerio. Il
nome Venerio e il Santo Venerio, mi hanno benevolmente perseguito per
tutta la vita. San
Venerio, stranamente, è un santo quasi ignoto. Non risulta nemmeno in
tutti i calendari,non tutti gli attribuiscono un giorno a
lui dedicato, come a ogni buon santo che si rispetti. Venerio
è uno dei santi patroni della mia città,Reggio: anzi, è il Vice di
San Prospero, santo titolare di Reggio, e viene prima dei Santi Grisante
e Daria, due giovani martiri romani pressoché sconosciuti fuori della
mia città. A
Reggio, dunque, il nome di Venerio era accettato e passabilmente noto.
Poi c’era anche qualche vecchio omonimo,
qualche collega di antica famiglia, anche se ormai pochissimi.
Ricordo come ero contento da bambino, quando passavo sotto palazzo Zùccoli,in
via San Carlo, e leggevo
sul portone: “Nob. Venerio
Zùccoli” e con tanto di corona nobiliare sopra. ”Vedi, mamma, ce
n’è un altro ed è anche nobile.” Qualche
vecchio superstite si ricordava del mio bisnonno, Venerio, morto pochi
giorni prima che io nascessi .”Bel tipo,l’ho conosciuto ”, mi
diceva. “Andavamo insieme a donne. “
Ma
fuori di Reggio, il mio nome veniva storpiato in modo infame. “Come ha
detto, Venereo?”, chiedeva incuriosita la telefonista del 184 o del
12. “Cosa, Venuzio?”, indagava il poliziotto o il vigile, leggendo
sulla patente.”Questquec’est, Vinicio?”, domandava il portiere
d’albergo all’estero, chinandosi sul passaporto. Qualche nemico
politico mi chiamava “Venerio il Deleterio”, qualche ammiratore dei
miei articoli o discorsi polemici, “Venerio il Termocauterio”. Per
parte mia,portavo il mio ragguardevole nome con indifferenza.
Da
ragazzo, mia madre mi aveva insegnato a non aver complessi di inferiorità.”Guarda
come sei diventato alto”, mi diceva, paragonando il mio 1,67 col suo
1,57.”Sei debole a ginnastica, ma sei il più bravo in italiano”. Mi
portò a vedere lo statuone di San Venerio, di sentinella al portone del
Duomo di Reggio: e poi l’altare nella bella chiesa di San Pietro,in
via Emilia,dov’erano le reliquie del Patrono. Ma
un brutto giorno, accidenti, me lo portarono via. Bisogna
infatti sapere che Venerio era sì il Santo di Reggio ma era nativo
della Spezia,anzi più propriamente di Porto Venere;perché nemmeno sono
sicuro che una città di Spezia, all’epoca (600,700 dopo
Cristo)esistesse. Fatto sta che si mise in proprio, andò a fare
l’eremita sull’Isola del Tino (sorella della Palmaria, dutt’e due
all’ imbocco del golfo) vi accese un bel fuoco e lì rimase tutta la
vita a scaldarsi, pregare e proteggere i naviganti.Molti ne salvò coi
suoi miracoli, tant’è che se andate a Lerici vedrete quanti ex-voto
gli hanno dedicato, di quelli bellini e ingenui con la barca nel mare
che traballa nella tempesta e il Santo che appare al pescatore. Meritatamente,
è diventato il santo protettore dei fanalisti ,dei guardiani del faro. Il
13 settembre, che anche se quasi nessuno lo sa è il giorno di San
Venerio, gli spezzini fanno una gran processione in mare fino al Tino,
quel giorno tenuto libero dalle imprese esplosive dei sommozzatori e dei
lagunari della Spezia e
salgono su per la roccia alle vestigia dell’antico Eremo del Santo.Lì
dicono Messa poi ritornano a casa, con le barche tutte illuminate. Molto
bello. Queste cose le so, perché per molti anni ho avuto una casa a
Tellaro, giusto di fronte al Tino: era proprio segnato da Dio, che
dovessi vivere con San Venerio.
Le
reliquie del Santo rimasero sull’isola nei primi secoli,
ma poi le incursioni dei saraceni erano diventate più che
frequenti. Allora i portovenerini disseppellirono le venerabili ossa e
le traslarono a riva; e poi, per essere più sicuri, le fecero
passare l’Appennino e le portarono a Reggio Emilia, ove finalmente per
millecinquecento anni ebbero pace. Ma
pochi anni orsono, passata la paura dei saraceni, gli spezzini
si sono ripreso quel che ormai rimane del Venerio (ceneri e forse
qualche ossicino spolpato,immagino)
e l’hanno riportato a Spezia. Le solite ubbìe dei preti:
evidentemente non avevano fatto bene i conti con i nuovi saraceni del
terrorismo islamico: speriamo bene. E
questa è la storia dell’andarivieni del mio Santo Patrono, fra Reggio
e La Spezia e del perché e
del come io mi chiami Venerio.
Il
Patrono titolare della mia città è, come ho detto, San Prospero. Era
Vescovo nel V secolo, la sua festa è il 25 giugno, ma anch’ essa è
poco segnalata dai calendari:sulla mia agendina,ad esempio, il
25 giugno è scritto San Guglielmo. San
Prospero ha una bellissima chiesa rococò con
un organo imponente. Ha un campanile che è una torre
romanico-bizantina, ottagonale: e sei lucidi leoni marmorei antichi,
forse romani, di guardia al sagrato e al protiro. Da ragazzi, ci
montavamo a cavallo,fin che il sagrestano usciva e ci pigliava a calci.
Questi
leoni, forse avevano attinenza con la storia di Grisante e Daria, i
martiri romani che abbiamo ricordato.Grisante era figlio di un senatore
romano, molto seccato perché il figlio era divenuto cristiano. Gli mandò
allora quattro ragazze per
sedurlo e indurlo a più miti consigli. Ma Grisante le addormentò;tutte(che
capacità inaudita) meno una, Daria, che era una ragazza sveglia e
diventò sua amica e si convertì. Allora il cattivo senatore inviò
Daria al Circo, perché
fosse sbranata dai leoni. Macchè: Daria riuscì a convertire
(udite,udite)anche i leoni, che si posero a sua difesa e nessuno potè
avvicinarla. Allora il crudele padre senatore
fece circondare i due giovani e li fece lapidare. Perciò i leoni
sono immortalati a San Prospero. E
sotto, una piazza rettangolare molto bella (forse l’antico Foro),da
sempre mercato all’aperto della città. Sui due lati lunghi è
porticata; sui due lati corti ha sur uno la facciata di San Prospero,
sull’altro l’abside del Duomo. Nel freddo di Reggio quella piazza
semichiusa mi ha sempre dato un senso di riparo. Un
ricordo curioso, è quello dell’incontro di boxe del campione
Bondavalli contro un pugile tedesco, il reggiano ci vinse la corona
europea dei piuma(o dei gallo, non ricordo).Il ring era stato posto in
mezzo alla piazza. Il boxeur reggiano era un eccezionale schermidore,
molto elastico e ballerino. Allora non si guadagnava molto, ad essere
campione di boxe: incontravo il grande-piccolo Bondavalli al mercato
delle erbe, sotto casa mia,
col suo fondaco, il banchetto e il carretto di frutta e verdura,col naso
rotto e sudato, ma sempre campione era. Nella
nobile città di Ferrara, San Giorgio mi fu Patrono per una ventina
d’anni, e più. Altro stile.A San Giorgio avevano
dedicata una antichissima chiesa fuori porta (Porta San Giorgio,
appunto) e un bellissimo Duomo,un capolavoro del romanico, nel centro
della città, con oltrettutto una iscrizione antichissima,una delle
prime in volgare: “Viligelmo l’autore e mea fò l’opra, Nicolao
scolptore” ,è nella storia della letteratura italiana. E poi la
straordinaria pala su legno del San Giorgio di Cosmè Tura, il più
grande dei pittori ferraresi e a mio modesto avviso uno dei più grandi
tra i pittori italiani, non abbastanza celebrato per non aver vissuto e
operato a Firenze, Venezia o Roma. Questo San Giorgio, che tira al
fiammingo, dipinto mentre infilza il drago con la lancia, una tavoletta
non grande, è un miracolo di eleganza. Un
terzo, provvisorio ma significativo Patrono, mi fu San Michele
Arcangelo, protettore di Mentone. Sta in cima al promontorio roccioso di
Mentone, sul mare,nella chiesa barocca appunto di di Saint Michel, da
dove si vede tutta la costa da Bordighera a Cap Martin,mezza italiana e
mezza francese.Dalla spiaggetta sottostante dove facevamo il bagno (Les
Sablettes), si poteva alzando il capo dall’acqua scorgere l’ora sul
campanile barocco. Ci fui molto affezionato,e ordinai un magnifico.
grande acquerello
della piazza al mio amico pittore-architetto Jean Pattou, e devotamente
lo conservo.
Vicino
alla nostra campagna, in Toscana (anzi a cavallo fra Toscana ed Umbria)
nel villaggetto di Laviano dove ancora ci sono la chiesa e la
casa ,nacque Santa Margherita, Patrona di Cortona. Stupidamente, mi sono
fatto sfuggire la casa dove
la Santa abitò col suo
compagno (il Della Pecora), prima che ammazzassero lui e si convertisse
lei: ed era a un passo dalla nostra cantina ! Santa
Margherita continua a riposare, mummificata (non è mai un bello
spettacolo, per quanto la santa si mantenga) sull’alto e sereno colle
che sovrasta Cortona, nella sua grande chiesa in gotico rifatto,
bruttina. Dei
Santi patroni che ho elencato, è certo la più celebrata e
miracolosa.Ancora oggi arrivano alla Chiesa processioni, matrimoni e
turisti ,specie il 22 febbraio. A Cortona rimane di lei il piccolo
ospedale che edificò nel 300 e la porta trecentesca per la quale entrò
la prima volta. E infine, vedevo dal terrazzo di un attico dove ho abitato, in Prati, il cupolone di Michelangelo, sopra San Pietro.Se c’è un Patrono, è San Pietro; e nel suo patronato sono vissuto per quasi tutta la mia esistenza, e dovrei essergliene grato. Ma come tutto a Roma,anche San Pietro è troppo grande e distante. Non ti è vicino, non lo senti tuo, come Venerio, Prospero, Michele,Margherita.Lo avverti gigantesco e di tutti: ma è un’altra cosa, forse troppo grande per rimanerti nel ricordo.
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