UN MONITO DA VICENZA

Articolo

di

Venerio Cattani

 

 

Centomila in piazza non cambiano il torto e la ragione, ma  di sicuro cambiano il quadro politico.

La manifestazione di Vicenza  non può non avere effetti sul Governo Prodi. Essa dimostra che senza la sinistra questo governo non esiste e rovescia il rapporto di forze tra riformisti e massimalisti.

La spettacolare riuscita della  “marcia” intorno a Vicenza  smonta il presupposto sul quale Prodi, Fassino, Rutelli e il gruppo dirigente dell’Ulivo avevano fondato prima la campagna elettorale e poi la costituzione del nuovo governo. E cioè che il nuovo centrosinistra era a grande maggioranza democratico e moderato, dislocato al centro più che a sinistra, e che i massimalisti , i comunisti e in genere gli estremisti erano una trascurabile minoranza, incapace di incidere sulla condotta del governo. Era su questa premessa che Prodi aveva raccolto molti elettori  democratici  e li aveva convinti che abbandonare il cattivo Berlusconi non costituiva poi un tradimento dei loro ideali e dei loro interessi. Insomma, era una piccola svolta sul piano sociale, ma insignificante sul piano politico e dei principi.

I fatti successivi , dalla Finanziaria ai Pacs , hanno mostrato che non era così, che la premesse sottintesa  era stata superata e che la sinistra movimentista, pacifista, sindacale , aveva preso il sopravvento. E di questo la giornata di Vicenza ha rappresentato il sigillo.

Non per niente  gli uomini più influenti  della maggioranza, Prodi, Amato, Fassino, avevano tentato con opportuni allarmi , di sgonfiare la manifestazione, di dissuadere  il loro elettorato più moderato dal partecipare  , ma  inutilmente ; e nemmeno  la minaccia del ritrovamento BR ha dissuaso la sinistra moderata.

Prodi, che e’ testardo e  che  teme, a ragione, il  prossimo futuro , ha affermato che  “il programma non cambia :

ma un conto e’ l’intenzione e un conto e’ la realtà . E Prodi, che e’ un realista, dovrà tener conto della realtà.

Berlusconi , per sua parte ,ha definito la giornata “triste” e ha lamentato  l’ingratitudine  della sinistra nei confronti del sacrificio dei caduti americani per la libertà dell’Italia. Ma la politica non conosce la tristezza e l’allegria, ne’ tanto meno la gratitudine. E’ già lontana la memoria dell’11 settembre 2001, figuriamoci quella del 25 aprile 1945 : un altro secolo. Se gli uomini davvero imparassero dalla storia , la politica sarebbe troppo facile.

Deciso “amerikano” come sono sempre stato , io non avrei messo tutta quell’enfasi sulla questione della base Dal Molin.  Avrei detto :”Si’, ma per piacere, qualche chilometro più in là.”  L’idea di una base militare, enorme, a ridosso di un gioiellino  rinascimental-barocco come Vicenza , fa inorridire anche il migliore amico degli americani. E’ un sacrificio che si poteva sopportare quando la Jugoslavia e l’URS erano sulla soglia del Veneto  , ma ora non c’e’ più ne’ l’una ne’ l’altra . E per arrivare in Afganistan, meglio  partire da Gioia del Colle o da Sigonella.

Intendiamoci : so bene che anche se la base fosse stata distanziata

da Vicenza,  Diliberto e Giordano avrebbero inventato qualche altra storia per non realizzarla.  I partigiani Antirav, della Val di Susa, a Vicenza erano presenti in forze : sono curioso di vedere quando la Tav si farà.

Il fatto e’ che il mondo cambia, che il prestigio di Bush e’ a terra

e che l’America, al momento, non e’ in grado di imporre più niente a nessuno. Ciò non significa che si debba  tradire l’America, ma significa che si deve cambiare strategia.

Il guaio dell’Italia e’ di avere un governo ondivago in balia della sinistra più sgarruppata e sconsiderata d’Europa.  La cultura politica in Italia  rimane dominata  da idee  antiquate e fuori dal tempo ; e basti considerare  l’anomala potenza di un sindacato, che in tutto il resto del mondo non conta più niente ; e per contro  la  questione Chiesa-laicità , clericalismo-anticlericalismo, tutta roba  dei secoli  passati , che in Italia domina  ancora la scena culturale e politica.

Nei prossimi giorni, con le votazioni al Senato, sulla politica estera e sui DICO  constateremo l’effetto  concreto che  avrà avuto  la marcia di Vicenza.

                                                                           

  VENERIO  CATTANI (www.veneriocattani.it)